Judo

La pratica del Judo

Considerando che almeno il 50% dei progressi dipende dall’impegno dell’atleta, per il rimanente 50% però, è fondamentale il tipo di allenamento, inteso sia come distribuzione dell’attività nel corso della singola lezione, sia come programma nel corso dell’anno.

La singola lezione inizia con una fase di riscaldamento, in cui si prediligono gli esercizi che sviluppano velocità e coordinamento motorio, piuttosto che la semplice forza muscolare. Ampio spazio viene dedicato allo stretching e alla mobilità articolare.
Segue una fase di combattimento, in forma di assoluta scioltezza, quasi come una continuazione del riscaldamento, con l’obiettivo di sviluppare i riflessi e di apprendere nello stesso tempo l’aspetto agonistico delle arti marziali.
La parte centrale della lezione consiste nella simulazione di tecniche di Judo. Il Corpo a Corpo riveste infatti un ruolo fondamentale nell’imparare a studiare l’avversario e anticipare le sue mosse.
L’ultima fase riguarda il perfezionamento delle posture e delle tecniche a corpo libero, cioè senza avversario, attraverso l’esecuzione dei Kata. (sequenze prestabilite di attacchi) o dei Kihon (esercizi di base).
Il programma e il metodo di allenamento hanno anche la loro importanza e sono studiati in modo da garantire un graduale e progressivo apprendimento di nuove situazioni di pericolo, curando anche la ripetizione delle applicazioni già sviluppate.

Cenni storici sul Judo

JIGORO KANO (1860-1938) Ideatore del Judo
Il creatore del Judo nacque nel 1860 a Mikage, piccolo villaggio marino nei pressi di Kobe.
Jigoro Kano si trasferì a Tokyo nel 1871 con la sua famiglia. D’intelligenza vivissima ma di gracile costituzione, doveva subire la prepotenza dei compagni, dai quali avrebbe voluto difendersi praticando il ju-jutsu. Poichè la disciplina era screditata e ritenuta troppo violenta, Kano dovette rinunciarvi, dedicandosi specialmente alla ginnastica e al baseball per irrobustire il suo fisico.
Nel 1877, entrato all’università di Tokyo, potè finalmente avvicinarsi al ju-jutsu, cui si applicò con passione, impegnandosi in duri allenamenti (sempre ricoperto di piaghe, era soprannominato “unguento”). I suoi primi maestri furono Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della Tenshin-Shin’yo-ryu, dai quali apprese in particolare il KATAME-WAZA e l’ATEMI-WAZA, venendo in possesso dei DENSHO (libri segreti) della scuola dopo la loro morte. Conobbe quindi Tsunetoshi Iikubo, esperto della Kito-ryu, da cui apprese il NAGE-WAZA.
A 22 anni, nel 1882, il giovane professore aprì una palestra di appena 12 tatami nel tempio di Eisho, radunandovi i primi 9 allievi: nasceva così il KODOKAN (“luogo per studiare la VIA”), dove il giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di ju-jutsu. Il nuovo stile di lotta, non più soltanto un’arte di combattimento, ma destinato alla divulgazione quale forma educativa del corpo e dello spirito, venne chiamato JUDO (“Via della cedevolezza”): come precisò Kano nel 1922, si fondeva sul miglior uso dell’energia (SEI RYOKU ZEN YO) allo scopo di perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo intero (JI TA KYO EI).
Nel 1895 Kano elaborò con i suoi allievi migliori il primo GO-KYO (“cinque principi”) o metodo d’insegnamento; nel 1906 riunì a Kyoto i rappresentanti delle varie scuole per delineare i primi KATA (“modelli” delle tecniche di lotta); nel 1921 presentò il nuovo GO-KYO, tuttora invariato.
Kano morì sul piroscafo Hikawa-Maru nel maggio 1938, mentre tornava in patria dopo aver presenziato al Congresso del CIO svoltosi al Cairo. Non assistette quindi alla disfatta del suo paese, ma un paio di anni prima, quasi presagisse la tempesta, aveva lasciato una specie di testamento spirituale ai judoka di tutto il mondo:
Il Judo non è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un’arte e una scienza […] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell’umanità.

L’abbigliamento nel Judo

Il Judogi è l’abito di pratica del Judo.
E’ bianco (deve essere sempre pulito) per tutti e questo vuole rappresentare il principio di uguaglianza di chi pratica Judo.
Le fattezze discendono dalla tradizione giapponese, dove il clima umido rende più confortevole un’abito non troppo aderente al corpo.